
Secondo i dati on-chain, la media su 7 giorni dell’hashrate di Bitcoin ha appena toccato un nuovo record, nonostante la difficoltà della rete sia ai massimi storici.
L’hashrate di Bitcoin ha registrato un’impennata significativa negli ultimi giorni
Con “hashrate” si intende la potenza di calcolo complessiva che i miner stanno attualmente dedicando alla blockchain di Bitcoin. In pratica, misura quante operazioni crittografiche al secondo vengono effettuate per cercare di validare nuovi blocchi. Se un tempo si parlava di hash al secondo (H/s), oggi le dimensioni sono così enormi che l’unità di misura più usata è l’exahash al secondo (EH/s).
Quando questo valore aumenta, significa che nuovi miner stanno entrando in gioco oppure che quelli già attivi stanno potenziando le proprie “farm”. Un trend del genere indica che la rete Bitcoin viene percepita come un’opportunità interessante e redditizia da parte di chi la valida.
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Al contrario, se l’hashrate inizia a calare, vuol dire che alcuni miner stanno staccando la spina, probabilmente perché non trovano più conveniente minare Bitcoin.
Ecco intanto un grafico pubblicato da Blockchain.com che mostra l’andamento della media a 7 giorni dell’hashrate di Bitcoin nell’ultimo anno:
Come si vede chiaramente nel grafico, la media a 7 giorni dell’hashrate di Bitcoin ha registrato un’impennata decisa di recente, segno che i miner stanno aggiungendo sempre più potenza di calcolo alla rete. L’indicatore ha toccato quota 942,6 EH/s, stabilendo così un nuovo record assoluto.
Questo boom arriva nonostante diversi fattori sfavorevoli per i miner. Prima di tutto, il prezzo di Bitcoin è in calo rispetto al recente massimo storico vicino ai 112.000 $. I miner guadagnano in BTC, ma devono pagare le bollette e le spese operative in valute fiat, come il dollaro. Quindi, per loro conta soprattutto il valore convertito dei guadagni, e un mercato ribassista può pesare parecchio sulla redditività.
Normalmente, quando il prezzo di Bitcoin sale, anche le entrate dei miner aumentano — e questo li spinge a investire in nuovi macchinari o ad ampliare le loro strutture. Proprio per questo è curioso notare come l’hashrate continui a salire, nonostante il recente calo del prezzo della criptovaluta.
Detto ciò, ricordiamo che si parla pur sempre di una media su 7 giorni: bisognerà vedere nei prossimi giorni se il trend reggerà o se assisteremo a un rallentamento, magari con un po’ di ritardo.
Un altro fattore che gioca contro i miner è l’aumento della “difficulty”, ovvero la difficoltà di mining. Si tratta di un parametro integrato nella blockchain di Bitcoin che regola quanto è complicato, in termini computazionali, trovare un nuovo blocco. E più è alta la difficoltà, più serve potenza di calcolo — e quindi energia — per restare competitivi.

La difficoltà di mining si regola automaticamente ogni circa due settimane. Questo meccanismo serve proprio a compensare eventuali variazioni nell’hashrate: se la potenza di calcolo aumenta, la rete rende il mining più difficile, e viceversa. Lo scopo è mantenere costante il ritmo con cui vengono estratti i blocchi e, di conseguenza, le ricompense.
In pratica, non importa quanta potenza aggiungano i miner: il totale delle ricompense in palio resta sempre lo stesso. Quindi, se nuovi miner entrano in gioco, la competizione aumenta. Se invece i miner aggiornano le proprie macchine, vuol dire che i margini di guadagno si riducono. Ovviamente, tutto questo vale a parità di prezzo — se Bitcoin non sale, gli introiti individuali tendono a diminuire.
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Proprio per questo, un aumento della difficoltà può spesso mettere fuori gioco quei miner che già faticano a rimanere a galla. L’ultimo aggiustamento — avvenuto venerdì — ha spinto la difficulty a un nuovo massimo storico.
Nonostante ciò, per ora i miner non sembrano aver rallentato: anzi, stanno continuando a espandere le proprie operazioni.
Prezzo di BTC
Bitcoin, almeno per il momento, non dà segnali di ripresa: il prezzo continua a oscillare intorno ai 104.200 $.

