
Secondo le teorie rivelate nell’ultimo episodio del podcast “The Chopping Block”, Mantra e i market maker collegati avrebbero adottato strategie ingannevoli per alterare i parametri di liquidità del token OM.
In particolare, avrebbero sfruttato le debolezze nei sistemi di auto-reporting utilizzati dai principali aggregatori di dati del settore, come CoinGecko e CoinMarketCap, con l’obiettivo di gonfiare artificialmente il volume degli scambi e l’offerta circolante del token.
Il meccanismo descritto implicava la movimentazione ciclica di OM tra wallet controllati dall’azienda e diverse piattaforme di scambio, simulando una partecipazione di mercato molto più elevata di quella reale. Questo avrebbe conferito al token legittimità, come uno degli asset crypto più capitalizzati, nonostante meno dell’1% della sua supply fosse effettivamente liquido, come evidenziato dagli analisti on-chain.
Tutto questo sarebbe stato possibile grazie a gravi lacune nei controlli di validazione da parte degli aggregatori, che basano le loro stime principalmente sui dati forniti dagli stessi team del progetto.
Sebbene vengano effettuati controlli incrociati con le quotazioni sui principali exchange e analisi della blockchain, gli operatori più esperti possono aggirare questi meccanismi, soprattutto tramite attività di trading simulate.
Il meccanismo creato da Mantra e dai suoi market maker ha iniziato a crollare quando un grande investitore ha cercato di vendere una grossa quantità di token OM sul mercato. In un sistema di scambio come quello delle criptovalute, ogni volta che qualcuno vuole vendere, deve trovare qualcuno disposto a comprare.
Se non ci sono abbastanza compratori disponibili al prezzo richiesto, l’exchange abbassa automaticamente il prezzo per cercare di completare la vendita. Nel caso di OM, poiché la maggior parte della presunta liquidità era solo simulata e non c’erano acquirenti reali, il sistema ha dovuto abbassare drasticamente il prezzo per trovare chi fosse disposto ad acquistare i token.
Questo ha causato un effetto a catena: il valore di OM è crollato del 90% in appena 90 minuti. Il mercato ha scoperto improvvisamente che il token non aveva una vera profondità di scambi, e miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato sono andati persi in pochissimo tempo.
Trasparenza e nuove proposte di regolamentazione
Di fronte all’accaduto, diversi esperti del settore hanno suggerito nuove misure per rafforzare l’affidabilità dei dati nel mercato delle criptovalute.
Una delle soluzioni più discusse è quella di rendere obbligatoria la divulgazione di tutti gli accordi di market making come requisito preliminare per la quotazione dei token sugli exchange come Binance e Coinbase.
Questo aumenterebbe la trasparenza, permettendo agli investitori e agli osservatori di distinguere tra volumi di scambio generati organicamente e quelli costruiti artificialmente.
Una pratica già adottata nella finanza tradizionale, dove le società quotate sono tenute a dichiarare i contratti di market making attraverso documenti pubblici.
Nel contesto crypto, queste dichiarazioni dovrebbero specificare con precisione tutti gli elementi dell’accordo tra il progetto e i market maker. Parliamo, ad esempio, delle strutture di incentivo economico – come i rebate, cioè sconti o compensi riconosciuti in cambio della fornitura di liquidità – dei termini con cui i token vengono prestati ai market maker, di come viene gestito il rischio legato all’inventario di token in loro possesso, e di eventuali impegni minimi di volume di scambio garantiti. Tutti aspetti che, se nascosti, possono alterare la percezione del mercato e condizionare il prezzo del token.
Altre proposte hanno riguardato l’adozione di standard di verifica più stringenti sull’effettiva distribuzione dei token. Gli exchange e gli aggregatori di dati potrebbero implementare audit on-chain e controlli sulla concentrazione della proprietà dei wallet per assicurare una validazione indipendente della supply in circolazione.
Difficoltà e prospettive future del mercato
Naturalmente, questa proposta non è priva di problemi. Prima di tutto, bisogna considerare che i market maker – cioè quelle società o soggetti che si occupano di garantire la liquidità di un token – potrebbero non essere favorevoli a rendere pubblici tutti i dettagli dei loro accordi. In molti casi, questi contratti contengono clausole riservate o strategie commerciali che vogliono tenere lontane dagli occhi dei concorrenti. La trasparenza, quindi, rischierebbe di entrare in conflitto con la necessità di proteggere il proprio vantaggio competitivo.
Un altro ostacolo riguarda gli exchange, le piattaforme come Binance o Coinbase. Per rendere obbligatoria la pubblicazione di questi accordi, dovrebbero mettere in piedi nuovi sistemi di controllo, più strutture, più personale, e quindi affrontare costi operativi aggiuntivi.
In altre parole, applicare queste regole richiederebbe un impegno concreto e non indifferente da parte delle piattaforme, che potrebbero non essere tutte disposte o pronte a farlo.
Infine, c’è una questione ancora più ampia: l’assenza di un regolamento comune valido per tutti. Se ogni Paese o ogni exchange decidesse di muoversi per conto proprio, applicando regole diverse, il rischio è quello di creare un mercato disomogeneo, dove le stesse pratiche vengono accettate da una parte e vietate dall’altra.
Questo aprirebbe la strada a nuove forme di arbitraggio, cioè a strategie in cui chi opera nel settore sfrutta le differenze tra una piattaforma e l’altra per ottenere un vantaggio, spesso a scapito della trasparenza e della stabilità del mercato.
Nonostante questi ostacoli, i partecipanti al podcast hanno concordato che un’azione coordinata da parte dei principali exchange potrebbe rappresentare un primo passo verso un mercato più stabile e affidabile.
L’obbligo di trasparenza per le nuove quotazioni creerebbe un incentivo al rispetto delle regole da parte dei progetti seri, escludendo gradualmente quelli che si basano su pratiche opache e dannose per la fiducia degli investitori.
Il caso OM ha quindi riportato con forza l’attenzione sulle carenze strutturali nella raccolta e validazione dei dati crypto, evidenziando l’urgenza di soluzioni condivise che garantiscano maggiore affidabilità e integrità del mercato.
In questo contesto, strumenti come Best Wallet stanno guadagnando attenzione per la loro trasparenza e innovazione. Best Wallet è un portafoglio crypto non custodial che combina sicurezza, gestione semplificata degli asset digitali e funzionalità DeFi avanzate.
Il progetto punta a offrire un’esperienza intuitiva per utenti di ogni livello, integrando anche un sistema di reputazione e monitoraggio dei token. Un’alternativa concreta per chi cerca affidabilità nel caos del mercato.
Ricordiamo che il mercato crypto è altamente volatile, quindi è fondamentale fare sempre le proprie ricerche. Questo articolo è a scopo puramente informativo e non deve essere considerato una consulenza finanziaria.
